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Branduardi
Testi basati sulle "Fonti Francescane"  rielaborati da Luisa Zappa Branduardi Musiche: Angelo Branduardi

 

 

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San Francesco
 
IL CANTICO DELLE CREATURE
A Te solo Buon Signore
si confanno gloria e onore
a Te ogni laude et benedizione
a Te solo si confanno
che l’altissimo Tu sei
e null’omo degno è
Te mentovare.
Si laudato Mio Signore
con le Tue creature
specialmente Frate Sole
e la sua luce.
Tu ci illumini di lui
che è bellezza e splendore
di Te Altissimo Signore
porta il segno.
Si laudato Mio Signore
per sorelle Luna e Stelle
che Tu in cielo le hai formate
chiare e belle.
Si laudato per Frate Vento
Aria, nuvole e maltempo
che alle Tue creature
dan sostentamento.
Si laudato Mio Signore
per sorella nostra Acqua
ella è casta, molto utile
e preziosa.
Si laudato per Frate Foco
che ci illumina la notte
ed è bello, giocondo
e robusto e forte.
Si laudato Mio Signore
per la nostra Madre Terra
ella è che ci sostenta
e ci governa
Si laudato Mio Signore
vari frutti lei produce
molti fiori coloriti
e verde l’erba.
Si laudato per coloro
che perdonano per il Tuo amore
sopportando infermità
e tribolazione
e beati sian coloro
che cammineranno in pace
che da te Buon Signore
avran corona.
Si laudato Mio Signore
per la Morte corporale
chè da lei nessun che vive
può scappare
e beati saran quelli
nella Tua volontà
che Sorella Morte
non gli farà male.
   

 

L'infinitamente Piccolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL LUPO DI GUBBIO

Francesco a quel tempo in Gubbio viveva
E sulle vie del contado
Apparve un lupo feroce
Che uomini e bestie straziava
E di affrontarlo nessuno più ardiva.
Di quella gente Francesco ebbe pena,
della loro umana paura,
prese il cammino cercando
il luogo dove il lupo viveva
ed arma con sé lui non portava.
Quando alla fine il lupo trovò
Quello incontro si fece, minaccioso,
Francesco lo fermò e levando la mano:

 ”Tu Frate Lupo, sei ladro e assassino,
su questa terra portasti paura.
Fra te e questa gente io metterò pace,
il male sarà perdonato
da loro per sempre avrai cibo
e mai più nella vita avrai fame
che più del lupo fa l’Inferno paura!”.
Raccontano che così Francesco parlò
E su quella terra mise pace
E negli anni a venire del lupo
Più nessuno patì.
“Tu Frate Lupo, sei ladro e assassino
ma più del lupo fa l’Inferno paura!”. 
  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AUDITE POVERELLE

Audite poverelle, dal Signor vocate
Ke de multe parte et provincie
Sete adunate,
Audite poverelle, dal Signor vocate
Vivate sempre en veritate
Ke in obedientia moriate.
Non guardate alla vita fora
Quella dello spirito è migliora
Ve prego per grande amore
Che in povertà viviate.
Quelle che son d’infermità gravate
E l’altre che son fatigate
Ciascuna lo sostenga in pace
E serà in Cielo coronata.           
   

 

 

 

 

 

 

DIVINA COMMEDIA PARADISO CANTO XI

Intra Tupino e l’acqua che discende
del colle eletto del beato Ubaldo,
fertile costa d’alto monte pende,
onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole e di retro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo.
di questa costa, là dov’ella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un Sole
come fa questo talvolta di Gange.
Ma perché io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
La lor concordia ed i lor lieti sembianti
amore e maraviglia e dolce sguardo
faceano esser cagion di pensier santi:
tanto che’l venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, gli parve di esser tardo.
Né li gravò viltà di cor le ciglia
per esser figlio di Pietro Bernardone,
né per parer dispetto a maraviglia;
ma regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
primo sigillo a sua religione.
Poi che la gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
meglio in gloria del ciel si canterebbe.
E poi che, per la sete del martiro,
ne la presenza del Soldan superba
predicò Cristo e gli altri che’l seguiro.
Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno
da Cristo prese l’ultimo sigillo.
Quando a Colui ch’a tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
ch’el meritò nel suo farsi pusillo,
a’ frati suoi, sì com’a giuste rede,
raccomandò la donna sua più cara,
e comandò che l’amassero a fede;
e del suo grembo l’anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
ed al suo corpo non volle altra bara.  
  

         

 

 

 
IL SULTANO DI BABILONIA E LA PROSTITUTA
(Musica di A. Parente e A. Branduardi)

Frate Francesco partì una volta per oltremare
fino alle terre di Babilonia a predicare,
coi suoi compagni sulla via dei Saracini
furono presi e bastonati, i poverini !
Frate Francesco parlò
e così bene predicò
che il Gran Sultano ascoltò
e molto lo ammirò,
lo liberò dalle catene...
così Francesco partì per Babilonia a predicare.
Frate Francesco si fermà per riposare
ed una donna gli si volle avvicinare,
bello il suo volto ma velenoso il suo cuore,
con il suo corpo lo invitava a peccare.
Frate Francesco parlò:
"Con te io peccherò"
Nel fuoco si distese,
le braccia a lei protese.
Lei si pentì, si convertì...
così Francesco parti per Babilonia a predicare.    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alle paludi di Venezia poi Francesco arrivò
E in compagnia di un altro frate
Le attraversò…
Fu tornando dall’Oriente
Che in quel luogo si fermò,
venne la sera e tempo fu di pregare.
Stormi di uccelli neri
Sui rami stavano
Ad alta voce cantando…
Pareva che quel fragore
Fosse a lode
Del loro Creatore.
Così Francesco in quelle paludi
Con gli uccelli volle pregare
Ed in mezzo a quella folla
Si incamminò…
Svaniva tra quelle grida
L’eco dei suoi passi,
la voce della sua preghiera…
“Vi prego di volere tacere”
Ed il silenzio sulle paludi calò.
E nessuno più cantò
Sinchè Francesco smise di pregare
E se ne andò…

 

NELLE PALUDI DI VENEZIA FRANCESCO SI FERMÒ PER PREGARE E TUTTO TACQUE
 

 


  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come agnelli in mezzo ai lupi
Io vi mando…
Con candore di colomba,
con l’astuzia del serpente
e non portate borsa
né mantello né calzari
e non portate pane
né bastone né denaro.
Lascerete il padre,
la madre ed i fratelli,
lascerete i figli,
le vostre case e i campi.
Non cercate il lusso delle vesti
In questo mondo,
amatevi l’un l’altro,
tra voi ditevi fratelli.
Per servire voi veniste,
polvere il denaro,
accogliete nella gioia
l’uomo che a voi venga,
sia l’amico che il nemico,
il ladro ed il brigante.
Nulla vi trattenga,
vi divida, vi separi.  

 

LA REGOLA
 


    

 

 

Era il tempo dell’Inverno ormai
E Francesco Perugina lasciò
Con Leone camminava
Ed un vento freddo li gelava.
E Francesco nel silenzio
Alle spalle di Leone chiamò:
“Può essere santa la tua vita,
sappi che non è letizia,
puoi sanare i ciechi e caciare i demoni
dare vita ai morti e parole ai muti,
puoi sapere il corso delle stelle,
sappi che non è letizia.
Quando a Santa Maria si arriverà
E la porta non si aprirà,
tormentati dalla fame,
nella pioggia a bagnarci staremo,
sopportare il male senza mormorare,
con pazienza e gioia saper sopportare.
Aver vinto su te stesso
Sappi, questa è letizia.    

 

LA PREDICA DELLA PERFETTA LETIZIA
 

                       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL TRATTATO DEI MIRACOLI

Villa era un bambino ed era muto,
si votò a Francesco e si svegliò cantando.
Il giovane Mancino era in punto di morte,
di Francesco chiamò il nome e fu guarito.
Il mendicante Bartolomeo
All’ombra di un noce si era addormentato,
quando si destò che più non camminava,
per grazia di Francesco fu guarito.
La povera Sibilla era cieca e triste,
Bonomo di Fano era lebbroso,
la bella Ubertina soffriva il mal caduco,
nel nome di Francesco furono guariti.
Ed a Foligno il buon Nicolò,
straziato dal dolore che più non sopportava,
si votò a Francesco e con le sue gambe
ed il cuor contento a casa fece ritorno.
Un bambino a Capua cadde nel fiume,
alla vita ritornò chè era già morto.
Un giovane di Sessa fu travolto da un muro
Ma Francesco lo svegliò prima dell’alba.
Maria di Gagliano che aveva sete
Trovò una fonte che era prodigiosa.
Una donna di Narni che era indemoniata
Nel segno della croce fu liberata.
Per le febbri ardeva Gualtiero d’Arezzo
A Francesco fece voto e fu guarito.
Ed un figlio maschio ebbe Giuliana
Che di malinconia si consumava.
In terra di Spagna a San Facondo
Un grande ciliegio si era inaridito,
la gente del paese lo affidò a Francesco
e, fiorito, a Primavera stupiva il mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

LA MORTE DI FRANCESCO

Ancora non era notte,
il Sabato dopo i Vespri
Frate Francesco chinò il capo
Ed al Signore tornò.
L’anima sua come luce
Oltre le nubi si levò
Come una nave sulle acque
Nella gloria dei cieli entrò
Ed al calar delle ombre
Vennero le allodole cantando,
sopra le case roteando
stettero a lungo gridando.
Ancora non era notte,
il Sabato dopo i Vespri
compiuto in lui ogni mistero
Frate Francesco spirò. 

 

 

 

 

SALMO
(Musica di Ennio Morricone)


Giorno e notte ho gridato,
Giorno e notte ti ho cercato,
ora guardami, soccorrimi,
che nessuno più mi aiuta.
Nella mia umiliazione,
la mia immensa confusione,
chi con me si rattristasse
invano io cercai,
senza trovare…
Io, straniero ai miei fratelli,
pellegrino per mia madre,
ho guardato
ma non c’era chi potesse
consolarmi…
tu conosci i miei sentieri,
ora veglia in mia difesa,
sono stato calpestato,
che il tuo aiuto
non mi manchi…
La mia voce ha gridato,
la mia voce ha supplicato,
nella polvere giacevo
ma tu hai preso la mia mano,
mio Signore!              

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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